È la classica dieta ipocalorica il miglior intervento per la cura dell’obesità?
In Italia le principali cause di morte e di spesa sostenuta dal Servizio Sanitario Nazionale sono riconducibili alle malattie croniche. Due dei principali fattori di rischio per lo sviluppo di quest’ultime, scorretta alimentazione e inattività fisica (le altre sono fumo e abuso di alcol), sono alla base del preoccupante e costante aumento della prevalenza dell’obesità nel nostro paese.
Questo trend risulta ancor più allarmante se si considera che il sovrappeso e l’obesità sono i responsabili di circa l’80% dei casi di diabete di tipo 2, del 55% dei casi di ipertensione arteriosa e del 35% dei casi di cardiopatia ischemica.
Obesità: soluzione la riduzione del peso
La miglior soluzione per queste patologie è la riduzione del peso corporeo, generalmente un calo del 5-10% porta a un netto miglioramento delle condizioni di salute di chi ne è affetto.
Sono diversi i trattamenti che ad oggi possono essere proposti per raggiungere il calo ponderale: la dieta, il trattamento farmacologico e la chirurgia bariatrica. Questi trattamenti hanno come scopo comune quello di ridurre l’intake alimentare e di conseguenza quello calorico.
Prescrizione di una dieta
La terapia che viene maggiormente utilizzata, soprattutto se l’individuo è al primo tentativo di riduzione del peso corporeo, consiste nella prescrizione di una dieta intesa in senso restrittivo e non come cambiamento dello stile di vita. Generalmente, questo tipo di cura, che sia fai-da-te o prescritta da un professionista, se vi si riesce ad aderire, porta a buoni risultati in un breve lasso di tempo ma a fallimenti nel lungo periodo (è quella che viene chiamata sindrome dello Yo-Yo o Weight Cycling Syndrome).
Sindrome dello yo-yo
Dunque, quello che si innesca è un processo di rapido calo ponderale con conseguente recupero del peso (spesso anche di più di quello precedente alla cura dimagrante) al termine del periodo di aderenza alla dieta.
Questo effetto è stato dimostrato da diversi studi condotti negli ultimi 50 anni che si sono occupati di indagare gli effetti di diete dimagranti e/o restrittive, i cui risultati confermano l’opinione che siano uno strumento inefficace per la riduzione del peso corporeo a lungo termine. Secondo tali ricerche, di stampo riduzionistico, questo avviene per una serie di motivi. Innanzitutto, la dieta si oppone a un meccanismo naturale di controllo del peso conosciuto come teoria del “set-point”: secondo i sostenitori di questa teoria, il corpo tenderebbe a mantenere costante il peso nonostante i cambiamenti nel comportamento alimentare e ambientali.
Conseguenze negative e aspetti psicologici
Oltre a quelle sul peso, le conseguenze negative si estenderebbero anche agli aspetti psicologici. La restrizione dietetica causerebbe a) un abbassamento del tono dell’umore con conseguente perdita di motivazione dopo le prime settimane, diminuzione della stima di sé e ritiro dalle situazioni sociali; b) pensieri ossessivi sul cibo e c) pensiero di tipo dicotomico “tutto o nulla”, sia per quanto riguarda la bontà del cibo, per cui esisterebbero cibi buoni e cibi cattivi, sia per quanto riguarda l’aderenza alla dieta, per cui ogni volta che non si riesce a rispettarla “tanto vale” e ci si lascia andare ad abbuffate con conseguente senso di inadeguatezza e vergogna per il fallimento.
Riassumendo, secondo questi studi, quello del peso non è un problema che può essere affrontato attraverso un semplice schema, in questo caso restrittivo, perché ciò porterebbe a credere a informazioni errate e false credenze sul cibo, a non intervenire sulle cause che portano a mangiare eccessivamente (aspetti psicologici, emotivi, identitari, sociali, ecc.) scatenando quei meccanismi di risposta “restrizione-disinibizione” che porterebbero al recupero ponderale.
L’obesità è una malattia cronica
Dato per assodato che la dieta dimagrante di per sé sia un intervento tendenzialmente fallimentare nel trattamento dell’obesità, credo che le motivazioni sopra esposte siano solo una parte del problema, e tra l’altro quella superficiale, della sua fallibilità.
L’obesità è una malattia cronica e complessa che investe in toto l’essere e l’esistenza dell’individuo. Gli approcci che hanno portato alle conclusioni sopra citate tendono a trattare la persona in modo parcellizzato e a focalizzarsi solo ed esclusivamente sul suo comportamento, in questo caso, alimentare: questo fa sì che si provi a curare il sintomo invece che le motivazioni che hanno fatto in modo che si manifestasse.
Relazione con il cibo
Quella con il cibo è una relazione, con un oggetto, e credo che come tale vada considerata. Una relazione che è solo una parte di quella più ampia che riguarda l’individuo con l’altro e il mondo. Al fine di ovviare ai problemi sopra descritti, bisognerebbe, prima di proporre a queste persone un regime dietetico o un cambiamento nello stile di vita, ricostruire la loro storia e comprendere quali sono i modi di essere e di emozionarsi che hanno fatto si che, in determinati momenti della loro vita (che molto probabilmente corrispondono a delle fratture identitarie), l’essere obesi fosse l’unica modalità identitaria di sentirsi, di esserci, di essere in relazione con gli altri e il mondo e rifigurare identitariamente queste esperienze in modo tale che la persona se ne possa ri-appropriare, farle proprie.
Obesità e cambiamento
Un calo ponderale drastico ha effetti importanti sul corpo che siamo (non che abbiamo!), ossia sul mezzo che permette di muoverci e relazionarci con il mondo, e di conseguenza delle possibilità d’azione che ci si possono aprire e che potremmo perseguire. Dunque, andrebbero considerati gli effetti che tale radicale cambiamento determinerebbe, non solo il suo perseguimento, e sostenuti gli eventuali cambiamenti sia pratici che identitari, emotivi, relazionali e sociali.
Se non si affrontano, nell’intervento, tali aspetti, come potrebbe la persona continuare a sentirsi sé stessa nei nuovi panni e a non ritornare, in un momento di difficoltà, ai quei vecchi modi di essere tanto cari e familiari?
Obesità e psicoterapia
L’obesità è una malattia cronica con cui l’individuo dovrà fare i conti tutta la vita, molto probabilmente non esiste un intervento definitivo che risolva le difficoltà per sempre, ma è possibile mettere in campo un approccio multidisciplinare che permetta di prendere in carico l’individuo nel lungo periodo, aiutandolo a gestire le sue difficoltà permettendogli di giungere a una forma di sé stesso e a un’esistenza migliore.
In questo tipo di approccio, oltre a quello degli altri professionisti (dietologo, endocrinologo, medico internista, nutrizionista, psichiatra, personal trainer) l’operato dello psicologo è fondamentale: dietoterapia, chirurgia bariatrica e terapia farmacologica se non affiancate da un intervento psicologico/psicoterapeutico sono, nel lungo tempo, destinate a fallire causando importanti effetti negativi sulla psiche e sull’esistenza delle persone.