Modelli psicologi utilizzati nella riabilitazione post-infortunio

Gennaio 18, 2023

In questo articolo vorrei esporvi brevemente alcuni dei modelli psicologici maggiormente utilizzati in fase di riabilitazione in ambito sportivo in seguito a un infortunio. Tra questi troviamo il modello bio-psico-sociale, il modello di valutazione cognitiva, il modello per fasi e il modello motivazionale.

Il modello bio-psico-sociale

Nel modello bio-psico-sociale, l’infortunio e l’outcome del processo riabilitativo vengono caratterizzati attraverso 7 dimensioni: i fattori socio-demografici, i fattori biologici, i fattori psicologici, i fattori sociali e contestuali, i risultati intermedi bio-psicologici e quelli finali post-infortunio. Questi fattori sono relati reciprocamente tra di loro e con i risultati a medio e lungo termine.

Innanzitutto, le dimensioni biologica, psicologica e sociale sono influenzate da diversi fattori (cause, tipo e localizzazione del danno, severità dell’infortunio, storia dell’atleta e dei precedenti infortuni, età, genere, etnia, status socio-economico); a loro volta, queste dimensioni, influenzano i risultati a medio termine come la capacità di movimento, la forza e la resistenza, la percezione del dolore, la lassità articolare e la durata del recupero. Infine, i risultati a medio termine influenzano quelli finali della riabilitazione come le prestazioni funzionali, la qualità della vita post-infortunio, la soddisfazione rispetto al trattamento e il desiderio di tornare a praticare sport.

Modello della valutazione cognitiva

Secondo il modello della valutazione cognitiva, proposto prima da Brewer (1994) e integrato successivamente da Weise-Bjornstal e coll. (1998), la risposta emotiva all’infortunio (ad es., paura, rabbia, tristezza, ansia, ecc.) è influenzata dalla valutazione cognitiva che l’atleta fa della situazione. La valutazione cognitiva, a sua volta, subisce l’influenza dei fattori psicologici, di personalità e situazionali. Una valutazione cognitiva disfunzionale avrebbe esiti negativi sul comportamento dell’atleta e sulla sua aderenza al programma di riabilitazione, inficiando di conseguenza i risultati di quest’ultima.

Modello a stadi

I modelli a stadi postulano che l’infortunio sia seguito da una successione di emozioni e atteggiamenti/attitudini: un po’ come prevedono alcune teorie sul lutto.

Secondo la teoria a stadi denominata “ciclo affettivo dell’infortunio” di O’Connor e coll. (2005) le possibili risposte all’infortunio sarebbero tre: la negazione, l’angoscia e il fronteggiamento. La prima, la negazione, in cui l’atleta rifiuta o nega l’infortunio, risulta essere adattiva nelle fasi iniziali della riabilitazione, ma se dovesse protrarsi anche nelle fasi successive interferirebbe con il processo terapeutico e l’atleta necessiterebbe di un intervento psicologico. L’angoscia deriva invece dalle emozioni negative suscitate dall’infortunio, quali: tristezza, ansia, paura, senso di perdita e dall’alterazione della propria identità di sportivo. Una volta che l’atleta riesce a superare la fase della negazione e a gestire l’angoscia entrerà nella fase del fronteggiamento. Ciò significa entrare in quella fase che permette le migliori condizioni di recupero, attraverso un’adeguata valutazione delle risorse personali, la definizione di obiettivi realistici, una migliore profusione dell’impegno, un’ottimale aderenza al programma riabilitativo e una più efficace cooperazione con il personale medico. 

Modelli motivazionali

La motivazione è un fattore importante in ambito sportivo anche per quanto riguarda gli infortuni, soprattutto nel determinare l’aderenza al programma riabilitativo (Chan e coll., 2011).

  • Modello dell’autodeterminazione (Ryan e Deci, 2000)

Il costrutto dell’autodeterminazione è considerato dagli autori come un continuum ai cui estremi vi sono la demotivazione e la motivazione intrinseca, o autonoma, che è il livello più alto di motivazione ad agire: sono i bisogni interni di competenza, autonomia e relazione a guidare questo tipo di motivazione (Pietrantoni e Prati, 2012). Tra la demotivazione e la motivazione intrinseca ci sono diversi livelli di regolazione (a cui corrispondono diversi gradi di efficacia) dei comportamenti, delle azioni e delle intenzioni ad agire: regolazione esterna, regolazione introiettata, regolazione identificata e regolazione integrata.

Il tipo di motivazione determina la differente reazione al trattamento: ad esempio, un miglioramento della motivazione autonoma aumenta l’impegno, la persistenza e la soddisfazione. Altri fattori positivi di predizione dell’outcome dell’intervento riabilitativo sono il supporto all’autonomia da parte dello staff medico e il supporto sociale.

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Dott. Alvaro Fornasari Psicologo
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