Perché ci sono persone che, più facilmente di altre, sviluppano dei disturbi legati ad un’ansia eccessiva?
Come ormai è risaputo, parecchi miei colleghi hanno scritto più volte e approfonditamente, la paura e l’ansia non sono necessariamente emozioni negative. La prima ci consente di tenerci alla larga dai pericoli, mentre la seconda, a un livello ottimale, ci permette di mobilitare le nostre risorse al fine di affrontare compiti importanti in maniera performante.
Dunque, quando e perché queste emozioni, in particolari situazioni, diventano negative e invasive al punto da diventare invalidanti?
Secondo un’ottica cognitivista, l’attacco di panico o l’ansia eccessiva sarebbero dovuti ad un’errata interpretazione delle sensazioni corporee. Ossia, paura e attacchi di panico sarebbero la conseguenza di una serie di pensieri catastrofici che l’individuo userebbe per spiegarsi le differenti sensazioni corporee provate durante le diverse situazioni.
Infatti, una delle caratteristiche principali di tali disturbi riguarda il peso che l’esperienza viscerale assume all’interno della loro manifestazione. Le principali sono: accelerazione del battito cardiaco, forte sudorazione, debolezza, senso di svenimento, vertigini, vampate di calore o brividi di freddo, nausea, mal di stomaco, sensazione di soffocamento, ecc.
In questa prospettiva, l’individuo anticiperebbe le conseguenze negative dei possibili scenari futuri in termini di incapacità di affrontare la situazione e di perdita di controllo.
Questa spiegazione, se da una parte da conto di quei pensieri ricorrenti di preoccupazione, dall’altro, non permette però di rendere comprensibili i motivi che porterebbero l’individuo a spiegarsi, ad esempio, l’aumento del battito cardiaco in termini di un infarto, o la sensazione di soffocamento in termini di morte imminente.
Una spiegazione potrebbe essere che le persone che sono più propense a sviluppare un disturbo d’ansia, sono individui che tendono a mantenere un senso di stabilità personale perlopiù attraverso la costante focalizzazione sul corpo e sulla visceralità… qualsiasi oscillazione significativa dei livelli di attivazione viscerale […] è potenzialmente in grado di innescare degli stati d’ansia, paura o angoscia (Liccione, 2011).

In questa direzione vanno quegli studi che, oltre a indicare come ci sia una relazione fra la sensibilità a segnali viscerali e l’intensità dell’esperienza emotiva, sottolineano come questa caratteristica sia alla base della differente percezione di stati emozionali da parte di alcuni soggetti rispetto ad altri (Damasio, 2000 – 2006; in Arciero e Bondolfi, 2009).
In altre parole, per questi individui, emozione e percezione fisiologica del corpo sarebbero indistinguibili, equivalenti, come se l’emozione fosse sganciata dalla situazione che l’ha provocata. Sarebbe questa caratteristica a far si che, per mantenere il livello di attivazione sotto la soglia gestibile e il senso di stabilità, si prevedano quelle condizioni che potrebbero alterarla così da anticiparle, controllarle o evitarle.
Dunque, all’origine dei disturbi legati all’ansia non vi sarebbe una forma particolare di pensiero, ma una modalità di emozionarsi legata alle sensazioni corporee che se percepite come eccessive o estranee sarebbero esse stesse fonte di possibile pericolo che si trasformerebbe in uno stato acuto di ansia o di panico.

All’interno del DSM 5 (Manuale Diagnostico e Statistico dei Disturbi Mentali) la maggior parte degli individui ipocondriaci è ora classificata come avente il Disturbo da Sintomi Somatici.
I criteri diagnostici per riconoscerlo sono:

  1. Uno o più sintomi somatici che procurano disagio o portano ad alterazioni significative della vita quotidiana;
  2. Pensieri, sentimenti o comportamenti eccessivi correlati ai sintomi somatici o associati a preoccupazioni relative alla salute;
  3. Sebbene possa non essere continuativamente presente alcuno dei sintomi, la condizione di essere sintomatici è persistente.

Alla minoranza di soggetti ipocondriaci a cui non viene diagnosticato un Disturbo da Sintomi Somatici si applica invece la diagnosi di Disturbo da Ansia da Malattia.

I vissuti emotivi dell’ipocondriaco si situano su un continuum cha va dal timore all’angoscia. Il soggetto vive nella costante preoccupazione e paura, o convinzione, di essere affetto da una grave malattia, dovuta ad un’interpretazione errata dei sintomi somatici, che causa una significativa compromissione dello svolgimento delle attività quotidiane (scuola, lavoro, ecc.) o in altre aree importanti (relazioni interpersonali, affettive, ecc.). Un’altra caratteristica importante di questo disturbo riguarda il persistere delle preoccupazioni, nonostante gli esiti negativi degli esami medici e le rassicurazioni dei dottori.

Le persone ipocondriache sganciano l’emozione e le sensazioni corporee, ad essa associate, dalla situazione che le ha causate e riconfigurano i motivi e le cause scatenanti in termini di malattia. Di conseguenza, ogni segnale corporeo che supera una certa soglia, conosciuta, può essere fonte di timore e angoscia e far vacillare la stabilità personale dell’individuo.

Inoltre, dal momento che queste sensazioni non vengono riconosciute, cioè superano la soglia sotto la quale la stesse sarebbero ancora familiari e quindi non pericolose, potrebbero generare una sorta di circolo vizioso in cui, a partire dal sintomo somatico, si anticiperebbero dei pensieri particolarmente negativi riguardo a situazioni future. Quest’ultime, a loro volta, potrebbero aumentare l’intensità dei sintomi stessi e la paura ad essi associata con il rischio di sfociare in attacchi di panico.


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Articolo di approfondimento di un collega psicologo

http://www.bertoncinipsicologa.it/disturbi-trattati/#tab-id-1

È una condizione d’ansia crescente che raggiunge il suo culmine in un tempo abbastanza breve (da 2-3 minuti a 10 minuti circa) e che si esprime attraverso unvissuto psicologico di terrore, con manifestazioni somatiche di evidente alterazione dell’equilibrio dei parametri vitali.

Da un punto di vista biologico il panico è una risposta assolutamente adeguata, che consente all’individuo, che si trovi in condizione di grave pericolo, di attivarsi per fuggire e/o difendersi.

Quindi l’insorgere del panico, in sé, soprattutto laddove, oggettivamente, vi siano state condizioni di pericolo estreme, è una manifestazione evidente di salute psicofisica. Non basta quindi un episodio isolato a fare diagnosi di disturbo di panico.

Un conto, infatti, è il panico, un altro il disturbo di panico.

Disturbo di panico

Il disturbo di panico è classificato fra i disturbi d’ansia.

Ciò che lo caratterizza è il protrarsi di episodi di ansia acuti, concatenati, che possono perdurare da pochi minuti a un’ora.

Come si manifesta il panico o gli attacchi di panico?

Viene percepito dal soggetto come uno stato di intensa paura, generalmente accompagnato, benché inaspettatamente, per il soggetto, da almeno 4 dei seguenti sintomi: palpitazioni, sudorazione, tremori, dispnea, sensazione di asfissia, dolore al petto, nausea, sensazione di instabilità e sbandamento, derealizzazione (ossia, la realtà esterna appare strana ed irreale) o depersonalizzazione (ad esempio, avere la sensazione di essere staccati dal proprio corpo), sensazione di perdere il controllo, impazzire o morire, parestesie (ad esempio, avvertire formicolii), brividi o vampate di calore.

Altre manifestazioni sintomatiche degli attacchi di panico

Al disturbo di panico si accompagna, con una certa frequenza, un’altra condizione psicopatologica, chiamata agorafobia, che è caratterizzata dall’ansia e dalla paura di trovarsi in situazioni o in spazi, nei quali il soggetto si trova in solitudine, lontano da persone o luoghi familiari. Classico esempio di agorafobia sono le piazze.

Oppure il soggetto è pervaso dal terrore di trovarsi in quei luoghi dai quali sarebbe difficile allontanarsi, come un aereo, un treno, un camion. Il soggetto, in questi casi, si trova spesso di fronte ad un crescendo d’ansia e di paura e, temendo di non poter contare su nessun aiuto, può percepire dentro di sé l’incrementarsi del terrore ed assistere, impotente, a manifestazioni somatiche del suo corpo che spesso esprimono, in modo esasperato, i sintomi della condizione di panico.

Qualità della vita per chi soffre di attacchi di panico

Se le situazioni temute si ripetono, il soggetto tenderà ad evitate il più possibile di muoversi e di frequentare persone, fino a limitare, nei casi più estremi, anche le proprie condizioni professionali e lavorative; oppure tenderà a sopportare, con molto disagio o con l’ansia di avere un attacco di panico, qualsiasi situazione “obbligatoria” che debba affrontare, facendosi accompagnare ovunque e appena possibile, da un familiare o da un amico.

In ogni caso la sua vita ne risulterà profondamente condizionata e limitata.

Come si curano gli attacchi di panico?

Essendo gli attacchi di panico, fenomeni appartenenti alla categoria dei disturbi d’ansia, la terapia d’elezione, come per l’ansia in genere, è la psicoterapia.

Generalmente, soprattutto laddove vi sia contemporanea presenza di agorafobia, viene suggerito, insieme alla psicoterapia, anche un supporto farmacologico che poi, nel prosieguo della psicoterapia, potrebbe anche essere abbandonato.

Noi sconsigliamo invece vivamente cure a base esclusivamente di farmaci, senza un accompagnamento psicoterapeutico, in quanto il farmaco non sostituisce la psicoterapia, ma tampona solo e per breve tempo, lo stato d’ansia che scatena gli attacchi di panico. Non appena si sospende la somministrazione farmacologica, infatti, se non è stata fatta collateralmente una psicoterapia mirata, i sintomi tendono a ripresentarsi con la stessa intensità.

Nel nostro Centro noi suggeriamo comunque, e come prima cosa, di mettersi in mano ad uno specialista per poter avere accesso ad una diagnosi. Le nostre prime visite sono sempre ad opera di uno psicoterapeuta o di uno psichiatra, affinché vengano valutati attentamente i sintomi e le condizioni ambientali e venga fatto un accurato inquadramento clinico psicodiagnostico.

Una diagnosi ritardata può concorrere all’insorgere di altre patologie collaterali, come condotte di evitamento, forme didipendenza dagli altri; forme depressive o ipocondria, cioè la paura di avere una serie di malattie organiche. In effetti, vista l’intensità e la diffusione dei sintomi che un attacco di panico scatena a livello somatico, e in assenza di diagnosi, il soggetto tende a spiegarsi da solo le cause di tanto malessere, ma lo fa in modo maldestro e disfunzionale, tale per cui, non di rado, alle idee ipocondriache si vanno a sommare anche altre forme d’ansia fra cui l’ansia anticipatoria, che conduce il soggetto a vivere perennemente in uno stressante stato di allerta e nel terrore che, inaspettatamente, possa ricapitargli un attacco di panico.

Chi soffre di attacchi di panico riesce a mettersi in cura?

Spesso l’individuo, soggetto ad attacchi di panico, non ce la fa a prendere l’iniziativa di mettersi in cura, in quanto la situazione stessa della diagnosi imbarazza e spaventa la persona. Bisogna pensare, però, che più il tempo passa e la sintomatologia si mantiene, maggiore è il rischio che il disturbo cronicizzi e che le condizioni di vita relazionale della persona, ne vengano gravemente compromesse. Anche un genitore attento o un amico premuroso possono aiutare un soggetto con crisi di panico, ad affrontare una diagnosi, inizialmente, magari, fissando un appuntamento insieme a lui (non a sua insaputa) e accompagnandolo, poi sostenendolo nelle fasi iniziali della terapia.

Articolo del centro di psicologia di Bergamo

Terapia Ansia

I disturbi d’ansia comprendono quei disturbi che condividono caratteristiche di paura e ansie eccessive e i disturbi comportamentali correlati.

Trattamento Ansia a Vigevano

Terapia ansia vigevanoAlla base dei disturbi fobici vi sono emozioni quali la paura e l’ansia. Le persone soggette a questi disturbi manifestano l’incapacità di distinguere le condizioni fisiologiche del corpo (palpitazioni, aumento del battito cardiaco, aumento della frequenza respiratoria, ecc.) da tali emozioni e dalle situazioni che le hanno causate.

Di conseguenza, quando si troveranno a dover affrontare situazioni che provocano una forte risposta emotiva seguirà un altrettanto intensa attivazione fisiologica che, se supererà il livello di soglia accettabile o conosciuto (sintomo), porterà alla perdita di controllo della situazione e alla precarietà della stabilità personale. Le conseguenti sensazioni di fragilità, instabilità e inefficacia portano allo stato d’ansia: è da qui che origina la sensazione di sentirsi in pericolo.

Il risultato di questo processo è la messa in atto di una serie di strategie (evitamento, allontanamento, anticipazione) che permettono di rendere gestibili e prevedibili gli esiti e le conseguenze di quelle situazioni che potrebbero alterare la stabilità personale.
Si genera in tal modo un circolo vizioso che nel tentativo di limitare le situazioni considerate pericolose, di evitare le conseguenti sensazioni negative e di mantenere un adeguato senso di sé, da vita ai diversi disturbi fobici (agorafobia, attacchi di panico, ecc).

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Dott. Alvaro Fornasari Psicologo
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